Piera Prandi, pittrice per natura.
Piera Prandi dipinge da sempre e da sempre ama il suo giardino.
La prima volta che vi entrò, all’inizio degli anni ’90, era maggio e una parte delle rose, già esistenti, le ricordò immediatamente l’ultima casa del pittore Claude Monet.
Amante dell’impressionismo Piera decise immediatamente che quella doveva essere la “sua” casa.
E così ha iniziato, con qualche aiuto, a occuparsi del giardino che è mutato insieme ai suoi quadri. Piera ha mantenuto il romanticismo dei pittori francesi, esaltando le rose e le ninfee, fonte di ispirazione della sua pittura.
Con il supporto dell’Architetto Francesco Colombritta ha curato anche la ristrutturazione della casa, nella collina torinese, formata da un nucleo principale del 1700 e da un secondo del 1850. Anticamente era la villa dei Marchesi Pallavicini, che la usavano solo in settembre per la cura dell’uva. Oggi solo il nome è rimasto immutato: Villa Pallavicini.
Nel giardino più antico, rimasto praticamente intatto, sono predominanti le rose di colori diversi, sia rampicanti che a cespuglio, le ortensie e gli iris, che risaltano sullo sfondo della casa ricoperta di vite americana, ravvivata dall’insolito ingresso a tempietto vagamente inglese.
Il camminamento in pietra di Luserna conduce al giardino sud che maggiormente riflette i gusti dei proprietari, ed è il risultato dello studio di abbinamenti nuovi inseriti nella struttura esistente. Piera ha creato piccole stanze all’aperto: una per la conversazione, una per il te, l’altra per la pittura davanti allo studio in fondo al giardino.
Nella “stanza” del te, clematidi rosa e viola si arrampicano sulle palme, rose Pierre de Rondard, moderne, ma con la bellezza delle rose antiche sulle pareti della casa, Trachelospermum jarminoide sulle panche in ferro battuto che avvolgono gli alberi.
Più avanti sullo sfondo della siepe di lauroceraso che segna il confine della proprietà la vasca delle ninfee interrompe il prato, familiarmente chiamata “la vasca del principe” oltre ai pesci ospita un ranocchio che, chissà, un giorno o l’altro si trasformerà.
Verso sud, le rose Banksiae, gialle e bianche dalla fioritura spettacolare dominano lo spazio, in armonia cromatica col Viburnum olpulus (pallone di maggio) e col glicine davanti allo studio della pittrice. Qui colori e fiori si confondono, fiori dipinti, finti che sembrano veri, veri che sembrano dipinti, cappelli che sembrano vasi, un insieme creativo che ha ispirando una sua mostra: “l’importante è la rosa”.
Per sottolineare l’insolito e profondo rapporto con la natura di Piera voglio citare questo pezzo di Giovanni Arpino, tratto dalla presentazione di una sua mostra di qualche anno fa.
“… Ogni sogno è possibile, se si ha il coraggio di penetrare nel mondo degli acquerelli di Piera Prandi, di questi fondali, di questi fiori, di questi petali tanto festosi quanto ammonitori. Delacroix scrisse che un quadro, prima di ogni cosa, deve apparire come “una festa per l’occhio”. Avrebbe dovuto diventare una legge e un proverbio, questa definizione. Quanto sia distante da noi – e da quasi tutta la pittura di questi anni – lo sappiamo. Chi ha nutrito in sé un insegnamento di quel genere è un artista vincente: è un testimone raro. Ed è un’artista che viene ringraziata anche dall’anima di una rosa”.
Immagini fotografiche: Manuela Cerri
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